DELIGHT

delight_127
delight_126
delight_137
delight_145
delight_127 thumbnail
delight_126 thumbnail
delight_137 thumbnail
delight_145 thumbnail

Concept e realizzazione: Chiara Bortoli, Francesca Raineri, Andrea Rosset

Format: installazione fotografica

Anno: 2015

Un piccolo gruppo di persone, al buio e in silenzio, vicine, quasi allacciate le una alle altre.
Un dispositivo fotografico condivide il loro stesso spazio, come loro muto e cieco. A cicli regolari il dispositivo si attiva, un flash squarcia il buio e registra un’immagine fotografica. È un attimo, ma subito dopo, anziché piombare nuovamente nell’oscurità, le persone vengono illuminate ancora per qualche istante da una seconda fonte luminosa, e l’immagine fotografica continua a farsi.
Altre tracce, altre presenze, trasparenti ed evanescenti, si insinuano e si imprimono tra e con i volti e i corpi delle persone, prima che il tutto precipiti nuovamente nel buio.

Delight, delizia, beatitudine, ma anche de-light, privazione di luce, ritorno dalla luce al buio.
Prima della deprivazione luminosa, i volti, i corpi, si danno una seconda possibilità di esistenza; è solo un fremito, una scia luminosa, che convive con le immagini piene e definite della prima esposizione, intrecciata a loro e da loro quasi indistinguibile. Questa impronta fantasmatica che fa da passaggio tra l’oscurità totale e la luce accecante del flash, assume a sua volta la forma di un barlume, di un impasto di luce e buio, e rivela così una zona che sembra annunciare l’oblio del visibile, e al contempo negarlo resistendogli. È un’immagine possibile, impastata all’immagine compiuta: potenza e atto diventano indistinguibili. La calma composta, la “beatitudine” delle immagini finite trova in questi barlumi un supplemento di esistenza; la loro compiutezza, i contorni netti, vengono sfrangiati da questa eccedenza di luce e ricollocati nel corso del tempo. Questo supplemento luminoso rende evidente l’eterno evento di quella finitezza, e la fa vibrare.

Riccardo Panattoni, “Black out dell’immagine”: “Le immagini fotografiche ci mostrano questo, ne sono la testimonianza. (…) Si tratta di una beatitudine visiva che trova nel proprio compimento una potenza che sopravvive all’atto della propria determinazione. (…) La luce che si stacca dall’immagine non si trasforma tuttavia in un’altra cosa, è piuttosto un momento visivo in cui l’immagine si allontana da sé rimanendo comunque in se stessa, creando nei nostri occhi che la stanno guardando come uno spessore in trasparenza.
Questa visività della luce, nella trasparenza dell’immagine, lascia affiorare in noi un sentire che si avvicina molto a quella che potremmo considerare una speranza. L’irreparabilità di ciò che è stato risplende infatti in piena luce, il suo essere definitivamente passato è ribadito senza alcuna possibilità di rimedio e tuttavia la sospensione statica di quell’evento è ancora visivamente nel mondo”.

Esposto a:
  • Torino, Fusion Art Gallery (Alter logos, 2015)
SHARE
Facebook Twitter Pinterest

SILICIO